Ildikó Juhász

icona lesbica nella comunità ungherese.

Nell’Ungheria comunista, l’omosessualità non era ben accetta e quindi messa a tacere. Ildikó Juhász diventò un’icona lesbica e fondò un luogo in cui la comunità LGBTQ+ potesse essere se stessa. Juhász era la direttrice del cinema Ipoly di Budapest. Il cinema era di proprietà del regime comunista ed era il comitato di censura statale a decidere quali film proiettare nelle sale. Nonostante questo rigido controllo statale, Juhász organizzò feste, spettacoli e proiezioni leggendarie per le comunità LGBTQ+ nel  bar segreto del cinema.

“Avevamo pochissime informazioni. Negli anni ’80 credo siano stati pubblicati 3 libri con titoli come “A Gay Company”, veramente terrificante, superficiale e trash”.

– Ildikó Juhász

Le feste di Ildikó Juhász non potevano essere pubblicizzate. Bisognava nascondere tutto al fine di evitare irruzioni della polizia anche se non accadeva spesso. Le autorità tenevano comunque d’occhio le persone sospettate di essere queer, conservando i dossier e spiandoli. C’erano pochissimi spazi sicuri in cui le persone LGBTQ+ potessero riunirsi, specialmente per le persone lesbiche. Ipoly è stato il primo e per molto tempo l’ultimo ad organizzare incontri esclusivamente per persone lesbiche. Juhász ha svolto un ruolo fondamentale nella creazione di opportunità di networking per lesbiche.

Lo status quo ai tempi di Ildikó Juhász:

Durante il comunismo, le persone LGBTQ+ non potevano partecipare alla vita pubblica dovendo nascondere il loro orientamento sessuale e affrontando discriminazione e repressione.

Nell’Ungheria comunista gli atti omosessuali vennero decriminalizzati nel 1962.

Nonostante questo, i luoghi di ritrovo dedicati alle persone omosessuali vennero spesso perseguiti dalla polizia. I visitatori dovevano mostrare un documento d’identità e venivano perseguitati dalla polizia segreta. Dichiarando la loro omosessualità le persone gay avrebbero potuto perdere il lavoro.

“Poi, proprio come ora, c’era l’idea che non potesse essere curato”.

– Ildikó Juhász

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